lunedì 29 novembre 2010

Ambiente e sviluppo.


E’ estremamente complicato provare a fare delle riflessioni su un tema che già nel titolo rischia di essere, quantomeno nella opinione comune, una dicotomia.
Si dice spesso che la preservazione dell’ambiente non si concili con una idea di sviluppo e che è nello sviluppo che si insidiano proprio gli elementi peggiori di sfruttamento del territorio. Da questo assunto sono emersi movimenti che hanno “zero” come suffisso all’obiettivo che vogliono raggiungere: “Rifiuti Zero”, “crescita zero” …
Sono giuste queste teorizzazioni?
A mio avviso il sentimento che si cela dietro quei movimenti risponde a elementi positivi di partecipazione e volontà di protagonismo di grossi strati di popolazione, però trovo che dietro la teorizzazione dello “zero”, a mio avviso, vi sono forti limiti di visione che limitano la proiezione della dimensione di massa di un movimento per il territorio.

Da anni si insegue quello che viene definito “sviluppo compatibile”. In cosa consisterebbe?
Di fatto questo concetto vorrebbe permettere uno sviluppo che non comprometta la vivibilità delle generazioni future, mantenendo un equilibri di sviluppo economico-industriale con un regime di equilibrio ambientale.
Si è cominciato a coniare questo termine negli anni ’80 del secolo scorso, anche in risposta ad una accelerazione della modernizzazione sfrenata che stava pregiudicando irreversibilmente l’ecosistema. Ricordiamo il tema del buco nella fascia d’ozono e il fenomeno delle piogge acide?
Col tempo, in particolare dopo la conferenza ambientale di Davor, si è convenzionalmente definito conclusa la fase dello sviluppo compatibile in quanto non praticabile. Si ritiene che la crescita, in quanto tale, determini sfruttamento dell’ambiente e conseguente disequilibrio, da cui il nuovo concetto di “decrescita”.
Credo sia centrale porre il tema del progresso e dell’utilizzo dei beni comuni nel rapporto di una giusta qualità di vita, oggi è tutto in termine consumistico e merceficatorio.
Lo sfruttamento dell’ambiente c’è da quando c’è il mondo; e i livelli di inquinamento è sempre stato proporzionale alla qualità della vita e questo è stato fino all’industrializzazione e al capitalismo sfrenato. Da l’XIX secolo l’equilibrio che reggeva sul binomio qualità/sfruttamento ambientale, si è rotto per una contraddizione palese che è quella del capitale-ambiente.
L’economia ha necessità di utilizzare il pianeta e le sue risorse in modo maggiore di quanto serva, questo solo per l’accumulo di ricchezze e per fini meramente economici.
Oggi è centrale porre il tema delle pianificazioni, stabilire strumenti che diano indicatori sul livello di vita e di progresso che si vuole ottenere e non abusare ulteriormente, oltre quel fine, del nostro ecosistema.
Provo a spiegarmi.
Un mondo senza inquinamento è un mondo morto. Su Marte non c’è inquinamento, in quanto non c’è vita e pertanto nessuno utilizza quell’ambiente per vivere e progredire. Sulla terra l’inquinamento c’era anche 2000 anni fa ma era direttamente proporzionale alle aspettative di vita e di qualità delle popolazioni che la vivevano. Oggi sul nostro pianeta, nonostante 2/3 del pianeta soffra la fame, non sia industrializzato e non abbia minime condizioni di vita accettabili, abbiamo compromesso equilibri e beni comuni.
Pensare alla decrescita sarebbe solo utopistico e anche, passatemelo, sbagliato; se oggi abbiamo lunghe aspettative di vita lo dobbiamo al progresso e alla ricerca di miglioramento della qualità di vita. L’unico modo per rompere questo meccanismo perverso sarebbe quello di vivere secondo i nostri bisogni, le nostre necessità. Se utilizzassimo le risorse e l’ambiente secondo un modello di vita non teso all’accumulo di ricchezza e di produzione, troveremmo il giusto equilibrio per vivere in pace e bene nella nostra terra e allora ogni intervento sarebbe realizzato, non con lo scopo di massimizzare resa e profitti, ma solo per una reale necessità.

La presentazione effettuata a Trecasali per la realizzazione di una centrale a biomassa da 60 Mw termici, mi induce a fare alcune riflessioni, anche a seguito della presentazione stessa e del dibattito che ne è scaturito.

A Trecasali, così come sta avvenendo in molti comuni del parmense e probabilmente in tutta Italia, una società, la Seco, di cui la proprietà di Eridania è azionista, sta facendo richiesta per realizzare una centrale elettrica a biomassa. Le motivazioni della necessità di questo impianto,enunciateci dai vertici aziendali, sono squisitamente di carattere economico e ci mancherebbe che non fosse così, considerato che una società privata pone l'obiettivo del guadagno per la realizzazione di un impianto di questa tipologia. La presentazione, condita sapientemente da elementi autocelebrativi sulle competenze acquisite in materia, sulla serietà aziendale e sulla eccellenza delle tecnologie, avevano, a mio avviso, elementi di debolezza nella presentazione che, a motivazione dei presentatori, erano dati dalla natura troppo preventiva della presentazione; come se tutti pensassero che un investimento economico di quella portata non sia suffragato da uno studio approfondito di fattibilità.

A noi cittadini non è stato fornito un dato sulle preoccupazioni e tensioni che la popolazione ha espresso nella articolazione del dibattito e non è assolutamente rassicurante enfatizzare le conoscenze acquisite come elemento qualificante, anzi sembra quasi voler nascondere delle verità dietro un mignolino.

Quello che ci si aspetta da una impresa seria sono risposte ai dubbi e alle tensione che una comunità legittimamente esprime; domande banali a cui non si udita risposta.

1 che beneficio ha il cittadino di Trecasali a fronte di un intervento così impattante?

2 essendoci molte richieste, quasi una per Comune, di queste tipologie di impianto e ognuna con un fabbisogno simile dello stesso combustibile a biomassa (legno), come pensano di garantirne l'approvvigionamento?

3 ipotizzando che la biomassa sarà trasportata per mobilità su gomma (a Trecasali non c'è ferrovia), è stato valutato l'impatto ambientale dell'aumento considerevole dei carichi di traffico?

4 i maggiori costi di manutenzione stradale determinati dall'aumento dello stress della rete viaria verrà sostenuto interamente dall'azienda, oppure pagheranno i cittadini?

5 le ceneri prodotte dal forno come e dove saranno smaltite? In quale sito?

Eridania, con il suo stabilimento di San Quirico, ha indubbiamente creato un beneficio sociale alla comunità trecasalese, nessuno lo mette in dubbio; è altrettanto vero, però, che il territorio ed i cittadini di Trecasali hanno creato benefici enormi alla azienda. Vi è un rapporto paritario in cui hanno dato e hanno preso, tanto. Chi abita a Trecasali conosce bene l'impatto della campagna saccarifera: traffico pesante, aria maleodorante, abbassamento della falda acquifera con la quasi impossibilità di utilizzare i pozzi privati delle abitazioni, impatto acustico, i mezzi pesanti che sporcano la viabilità determinando tutti gli anni dei sinistri stradali che mettendo a repentaglio l'incolumità dei cittadini; e la lista potrebbe proseguire. Credo che oggi i cittadini debbano essere liberi da ogni obbligo reverenziale verso l'azienda, per la scelta che l'amministrazione deve compiere e non è una scelta di poco conto.

Il nostro territorio è già pesantemente compromesso e i dati della qualità dell'aria, che si possono apprendere da ARPA, dimostrano che la vita in campagna (a Trecasali) non è più salubre che in città. Gli equilibri sono già minati e l'ambiente, che è un bene comune di tutti, una volta compromesso, diventa difficile recuperare la situazione e risanarlo.

Il nostro territorio è, tra l'altro, fonte di produzioni di eccellenza. Salumi, il Parmigiano-reggiano, la produzione agricola in genere; e bene ha fatto la Provincia di Parma per valorizzare e sostenere l'economia agricola del nostro territorio ma vano è lo sforzo, ed il Vice Presidente Ferrari sa quanto è difficile aiutare il mondo agricolo, per sostenere e potenziare sacche di economia sostenibile, come è quella agricola, se poi nei territori spuntano iniziative private impattanti come funghi.

Eridania utilizza come argomento che la realizzazione di questo impianto garantirà i livelli occupazionali anche per il futuro. Detta così sembra un argomento forte su cui difficilmente si può non essere d'accordo, ma che detto al contrario, ovvero i livelli occupazionali sono garantiti solo dalla realizzazione della centrale, suona come una minaccia che condiziona e falsa il merito del dibattito. Aspettavo che su questo le organizzazioni sindacali si esprimessero e che scindessero in modo inequivocabile due temi che non sono contrastanti: la difesa occupazionale e la difesa ambientale, anche perché se passasse la teoria che per creare posti di lavoro va bene tutto, finirebbe come in Ungheria, dove la produzione a tutti i costi ha devastato l'ecosistema del Danubio.

Questi temi sono centrali nella vita della nostra comunità e capisco il peso della responsabilità che attraversa la coscienza degli amministratori comunali, per questo credo che debbano avere la certezza di avere a fianco i cittadini in questa fase, conoscere perfettamente la volontà di chi li ha delegati ad amministrare, non con il mandato di autorizzare una centrale a biomassa, visto che non era materia di programma elettorale. Che si indica un referendum e decidano i trecasalesi, che sono i veri proprietari della realtà in cui vivono. Quale sia l'orientamento che emergerà, l'amministrazione sarà più forte nell'attuare le scelte che deve fare perché avrà la forza di una intera comunità che è e sarà protagonista ed artefice del proprio destino; per evitare gli errori che si sono compiuti in altri territorio e che hanno portato alla rottura tra cittadini e politica.